giovedì 18 settembre 2008

Chi l'avrebbe mai detto

Se Antonio Corbo non avrebbe mai immaginato di trovarsi un giorno a dover difendere gli ultras, io non avrei mai immaginato di dover guardare con tanta ammirazione un giornalista che, semplicemente, ha deciso di continuare a fare il proprio lavoro.

Luca

mercoledì 17 settembre 2008

Un silenzio assordante


Ora che le priorità sembrano essere prostitute da nascondere, migranti da rinchiudere e compagnie di bandiera da salvare/svendere, non c'è più spazio per le vicende di Roma-Napoli su giornali e tg.
Gli ultras restano fuori dagli stadi, le carrozze di Trenitalia tornano ad essere infestate da insetti ben più aggressivi dei napoletani.
Cosa è successo a Roma? Il Belpaese si sta disabituando alla verità. Qualcuno vuole ancora sapere.
Così Antonio Corbo sul suo blog:
"Sta per concludersi una bella storia italiana. Paga chi non ha commesso nulla: innanzitutto gli abbonati delle Curve, poi i tifosi che hanno meno soldi e speravano di acquistare il biglietti dei settori un tempo definiti popolari, infine il Napoli.
Non paga la città di Napoli, perchè i suoi prezzi sono molto più alti, e diversi. E’ governata da politici che si sono rincorsi nel diffondere anche stavolta dichiarazioni banali. Fondate sul vento. Qualcuno ha anche dichiarato che è stata sporcata l’immagine della città. Davvero? E chi per 14 anni la stessa città ha sepolto sotto lo scandalo dei rifiuti?
Bene, dopo giorni di manovre e giravolte, di notizie gonfiate e fuorvianti, in un divertente carosello per coprire errori e responsabilità, si arriva quasi alle conclusioni.
1) Gli Ultras, presentati come diavoli, rischiano la beatificazione. Evitatemi almeno questo choc.
Ci si accorge che non hanno mai devastato il treno, dopo averne atteso per 5 ore la partenza; che hanno viaggiato come sui vagoni diretti ai lager nazisti, in 4mila dove c’era posto per meno di mille; che hanno subìto di tutto, dallo stop di 14 minuti in un tunnel ed una serie di fermate impreviste e inspiegabili. Si sarebbero ribellate anche le stigmatine, le orsoline e le sorelle di Cristo Re. Si scopre che le aste apparsee in tv non erano spranghe ma asticelle di plastica delle bandiere. Che all’Olimpico sono stati fatti passare senza il controllo dei biglietti, all’inizio del secondo tempo.
2) Trenitalia che aveva denunciato le devastazioni e 500mila euro di danni non ha ancora presentato il treno distrutto. L’Intercity Modigliani è sparito? O le sue carrozze, nonostante i 500mila euro di danni, possono svolgere regolare servizio?
3) Il Napoli deve giocare in uno stadio semichiuso, anche perché il suo legale ha impostato il ricorso su un presunto errore di forma nella sentenza. In punto di diritto trascurando il merito. Non ha smontato le accuse. Che andavano invece verificate in una indagine difensiva. Un penalista di medio livello avrebbe svolto la sua parte con migliore esito. Possibile che i blog dei tifosi non abbiamo suggerito almeno un dubbio?
4) La camorra non c’entra, ha lealmente dichiarato il procuratore Lepore. Ancora una volta la camorra era stata usata come alibi. Si scopre che su 3.096 persone 800 hanno precedenti penali. E allora? E’ la media che più o meno si rileva se andiamo in pizzeria, a teatro o in chiesa. Napoli è questa. Non risulta però che siano sfasciati forni, palcoscenici e altari. Bisogna dire che cosa hanno combinato gli Ultras. Ma la verità. Punto per punto. Non basta dire che c’erano i camorristi tra i tifosi per sostenere un bilancio tragico di devastazioni e incidenti.
Dopo tanti articoli sul teppismo, contro hooligan e Ultras,non avrei immaginato di doverli un giorno difendere. In un calcio e in una società che non vogliono cambiare. Chi dirige è sempre nel giusto, nonostante errori, omissioni, complicità. Chi è Ultras invece delinque sempre, per definizione.
E’ la storia di un’Italia sottosopra. Almeno questa. Ma ho esagerato?"
Luca

domenica 14 settembre 2008

Una voce (mainstream) fuori dal coro


Così Antonio Corbo su Repubblica:

Il giallo dell'Intercity sparito, indagini sui danni a Trenitalia

I buchi neri dell´inchiesta. La squalifica provocata da un chirurgo, 007 per hobby. Lepore smentisce un piano dei clan "Non c´è legame tra la vicenda e i camorristi tifosi"


"Viaggia con 500 mila euro di danni a bordo. Ma dov´è? Introvabile il treno che gli ultras del Napoli avrebbero distrutto. Dal 31 agosto, giorno di Roma-Napoli, i vagoni dell´Intercity Plus "Modigliani" sono inafferrabili. Come la verità di quella domenica. È l´ultimo mistero di una già nebulosa ricostruzione: per ora, pagano il Napoli e i suoi tifosi, penalizzati dalla chiusura delle curve per tre gare interne. Ma la vicenda promette un finale diverso: indaga la Procura di Napoli. L´inchiesta può dimostrare che i disordini furono enfatizzati, magari per coprire errori e responsabilità. Sarà troppo tardi, Napoli-Fiorentina esclude domani i tifosi delle curve, 11 mila abbonati hanno pagato per non vederla.Il dirigente della Digos Antonio Sbordone ha consegnato una informativa al pm Antonello Ardituro. Una relazione accurata, con foto e riscontri. Il magistrato, specialista di camorra e ordine pubblico, ha subito derubricato l´ipotesi di reato: da "devastazioni" al più lieve "danneggiamenti". Rintracciato dalla polizia il ferroviere «aggredito e ferito». Neanche un graffio. La Scientifica, diretta da Fabiola Mangoni, doveva esaminare il treno danneggiato. Impossibile. Solo quattro vagoni sarebbero a Napoli, gli altri in viaggio. Sono più veloci gli inventari che i treni. Il 31 agosto, i tg del pomeriggio riferivano già la stima dei danni: 500 mila euro. Gli Ultras, in un reportage di "Repubblica" nel covo di via Venezia, promettono di risarcire con una colletta l´azienda. Neanche loro hanno più visto il treno. «Girano solo tre foto, sempre le stesse». Possibile che sia tornato a viaggiare un treno devastato per 500 mila euro? Se lo chiede anche la Procura. Il conto di solito va allo Stato. Pagano i contribuenti.«Si indaga ad ampio raggio», osserva il procuratore capo, Giovandomenico Lepore. Sembra sorpreso, però. «Il treno è partito a mezzogiorno, con ampio ritardo. I tifosi aspettavano dalle 7.
Qualcuno avrà perso la pazienza, comprensibile. E i benpensanti, vista la bolgia, sono scesi. Finora però non risulta un disegno criminoso della camorra. Molti camorristi sono tifosi. Difficile però cogliere nell´insofferenza di quella domenica un piano preordinato. Comunque, indaghiamo su tutto». Chiusura prudente, ma svanisce nelle equilibrate parole di Lepore l´ombra dei clan. Roberto Maroni ha invece rimarcato la presenza di 27 affiliati e 800 pregiudicati tra i tremila tifosi. Si sa c´erano tanti tifosi con precedenti penali. Ma nessuno sa che cosa abbiano davvero combinato. A Napoli niente, così sembra. Le spranghe viste in tv a Roma Termini erano asticelle delle bandiere. Di plastica.I primi resoconti dei tg hanno creato un clima di forte suggestione. Si riflette nei rapporti al giudice sportivo Tosel su quanto sarebbe accaduto allo stadio. Gli inviati federali all´Olimpico erano Carmine Rossi, funzionario civile dello Stato, e uno 007 per hobby. Un chirurgo. L´omonimia ha fatto pensare che fosse un ufficiale della Finanza, Francesco Mattana. È invece Claudio Mattana, 53 anni, nato a Vittorio Veneto, parente di Antonio Gava. Lavora al "Gemelli" di Roma, reparto Decimo L. con brillante curriculum: specializzato a Napoli alla scuola di Zannini, 2500 interventi a retto e colon negli ultimi 23 anni. Ma di camorra e ordine pubblico sente parlare solo in tv. Mattana e Rossi hanno ispirato prima Tosel, poi la Corte federale. Descrivono steward e carabinieri "leggermente feriti", petardi esplosi senza chiarire le traiettorie. È qui che il Napoli poteva attenuare la sentenza sportiva. Una "indagine difensiva" di bravi penalisti poteva dimostrare l´eventuale labilità dei rapporti. Ingigantire i dubbi. Il bolognese Mattia Grassani, avvocato dello sport, si è aggrappato ad un presunto «errore nella sentenza». Ma ha tentato di ridimensionare le accuse? Ha puntato sul diritto e non sul merito. Il Napoli paga un´atmosfera, non «gravi atti di violenza». Ma ora è troppo tardi, peccato."

Luca

sabato 13 settembre 2008

Roma-Napoli, il momento delle scuse

In un Paese normale, questo sarebbe il momento delle scuse.
Ma il nostro non è un Paese normale. Il nostro è il Paese in cui ogni pitbull assale un bimbo fino a quando i media lo volgiono. Il nostro è il Paese in cui ogni giorno c'è un pirata della strada fino a quando i media lo vogliono. Il nostro è il Paese in cui ogni migrante è un clandestino ed ogni clandestino violenta una donna fino a quando i media lo vogliono. Il nostro è il Paese in cui in ogni aula scolastica c'è un intollerabile episodio di bullismo fino a quando i media lo vogliono.
Il nostro è il Paese in cui tremila supporters napoletani assediano, devastano, assaltano perchè i media vogliono così.
A volte, tuttavia, la verità fa il suo corso e pian piano viene a galla fino a rappresentare una realtà diversa da quella che ci hanno raccontato. E così, dopo gli assedi mai avvenuti e gli assalti mai sferrati, viene fuori che anche delle devastazioni non c'è traccia.

E' notizia di oggi che, in merito ai fatti di domenica 31 agosto, non si tratterebbe di devastazione ma di singoli episodi di danneggiamnto (il condizionale è d'obbligo, direbbe qualcuno). Anche sui danni, il capitolo spese sarebbe tutto da rivedere.

Così su Il Mattino di oggi:
"La stima tracciata al termine delle indagini di Polizia Scientifica e Digos ridimensionano di gran lunga quella tracciata da Trenitalia il giorno dopo l'assalto all'intercity prtito da Roma per Napoli".

Evidentemente, certe "verità mediatiche" sono difficili da confutare se si continua comunque a parlare di assalto.

"Senza voler ridimensionare la gravità dell'episodio, dall'informativa sui fatti del 31 agosto ricevuta dal PM Ardituro che si occupa dell'inchiesta, emerge una stima dei danni di gran lunga differente: finestrini rotti, sediolini sfregiati ma nulla di assolutamente irreparabile. Tanto che alcune carrozze sono state usate il giorno dopo per altri viaggi".

Naturalmente, la notizia è relegata in un trafiletto delle pagine sportive.

Il divieto di trasferta resta così come restano le curve chiuse. La verità, per chi ha ancora la voglia e la forza di cercarla, viene faticosamente fuori.
Luca

sabato 6 settembre 2008

Quando la Kop cantava i Beatles

Ci sono alcune squadre che esercitano un fascino particolare verso chi è appassionato di calcio. Ed è innegabile che parte di questo fascino sia dovuto alla tifoseria che quella squadra segue e sostiene. Una di queste squadre è il Liverpool FC.

“I tifosi del Liverpool sono chiamati comunemente Reds, dal colore totalmente rosso della tenuta di gioco della squadra, ma la frangia più appariscente ed appassionata del tifo prende il nome di Kop, dal nome della curva omonima dello stadio di Anfield.
Il nome Kop viene dal luogo di una battaglia, persa dai britannici, della seconda guerra Anglo-Boera. Nel corso di tale battaglia, che ebbe luogo nel 1900 in Sudafrica presso la cima di Spion Kop, morirono molti soldati provenienti proprio da Liverpool e inquadrati nel reggimento di fanteria del Lancashire”.




Era il 1964 quando la Kop cantava “She loves you”, canzone pubblicata dai Beatles il 23 agosto di un anno prima. Il Liverpool si apprestava a vincere il sesto titolo di campione d’Inghilterra della sua storia: erano passati 17 anni dall’ultimo successo.

Molti anni più tradi Phil Thorton, nato e vissuto a Liverpool, avrebbe scritto nel suo libro “Casuals” a proposito della sua città:
“Liverpool è una città costruita sul mito. E’ sempre stata differente, fortemente conscia della propria posizione unica come porta per l’Irlanda e le Americhe, quasi nemmeno una città inglese. Culturalmente, se non proprio geograficamente, Liverpool ha più in comune con Dublino, Glasgow o perfino New York di quanto non ne abbia con, tanto per dire, Birmingham o Sheffield. E’ una città che rivela il proprio senso di individualità, la sua unicità, il suo volersi tenere distaccata da tutto, la sua attitudine insulare nei confronti del resto del Paese.

Il boom dei Beatles e del Merseybeat nei primi anni sessanta profuse a Liverpool un senso di importanza che trascendeva il mero campanilismo e quando i teddy boys si accorciarono i capelli adottando lo stile mod ispirato al clima mediterraneo, cambiò l’intera mentalità di una serie di generazioni.

Con questo rinascimento indigeno alimentato da musica e moda, sui media iniziarono a fare capolino i primi segni di un crossover fra musica, stile e football: quelle inquadrature della Kop di Anfield, con la folla a cantare all’unisono sulle arie di canzoni dei Beatles!”





Era il 1985 quando la Kop invadeva Bruxelles. Il Liverpool si apprestava a disputare la finale di Coppa dei Campioni, la quinta della sua storia.
Nick Hornby , scrittore e tifoso dell’Arsenal, nel maggio di quell’anno lavorava come insegnante di inglese per stranieri in una scuola a Soho. Dieci anni più tardi, nel suo best seller “Febbre a 90°”, avrebbe scritto:

“L’Heysel stava arrivando, com’è inevitabile che arrivi il Natale.
Ciò che sorprende è che la causa di tutte quelle morti fu qualcosa di tanto innocuo quanto una carica, esercizio che almeno la metà dei giovani tifosi inglesi praticava, e che non aveva altro scopo se non quello di spaventare i tifosi avversari e di divertire chi correva. I tifosi della Juventus, molti dei quali erano uomini e donne della media borghesia, non sapevano di questa abitudine, non conoscevano il complicato comportamento del pubblico inglese. Quando videro una schiera di hooligans inglesi urlanti cominciare a correre verso di loro, si fecero prendere dal panico e si precipitarono verso l’estremità del loro settore. Crollò un muro, e nel caos che seguì la gente morì schiacciata.

Alcuni dei tifosi del Liverpool arrestati più tardi devono essersi sentiti sinceramente sconcertati. In un certo senso, il loro reato era solo quello di essere inglesi: le abitudini della loro cultura, tolte dal loro contesto ed esportate in un luogo in cui non venivano capite, uccidevano le persone.

Il gioco da ragazzi che a Bruxelles si rivelò omicida si inseriva chiaramente e con prepotenza in una serie di atti apparentemente inoffensivi ma evidentemente minacciosi – cori violenti, gesti volgari, tutto quell’insieme di stupide smargiassate – a cui un’ampia “minoranza” di tifosi si abbandonava ormai da una ventina d’anni. In breve, l’Heysel fu espressione di una cultura che la maggioranza di noi aveva contribuito a creare.”



E' il 2008 e la Kop continua a cantare "You'll never walk alone". Il Liverpool è tra le favorite al titolo.

I Reds cominciarono ad intonarla prima di ogni partita alla fine degli anni cinquanta fino a farla diventare l'inno ufficiale del club.

Tommaso Tintori in un articolo di qualche anno fa pubblicato su Il Mainifesto ha scritto:

"Negli ultimi tempi però "You'll never walk alone" ha cominciato a segnare una netta divisione tra gli stessi tifosi del Liverpool. Quelli che lo cantano sempre si sono autodefiniti scousers: sono i nativi della città, i tifosi più autentici, portatori di uno spirito spaccone tipico di Liverpool, gente che bistratta la nazionale inglese perché la considera una cosa che riguarda soltanto l'Inghilterra del sud, quella con i soldi. Gli scousers sono i figli dei lavoratori dei docks del porto, a maggioranza irlandese, vittime di una crisi economica cittadina che si rinnova periodicamente. Sono quelli che beneficiano del welfare per tirare avanti e sono malvisti dai tifosi delle squadre del sud, tanto che prima i tifosi del Chelsea e poi quelli di altre squadre londinesi, hanno trasformato la canzone in You'll never work it all, ossia, non lavorerete mai abbastanza... Poi ci sono gli Out of towners, quelli che vengono da fuori e tendono ad intonare cori di altre tifoserie. Gente legata alla squadra dai risultati, dalla storia e dal fascino del merchandising, considerata dagli scousers alla stregua dei mercenari, nonché usurpatori di biglietti per le trasferte. Tifosi a seconda dell'occasione. I cittadini ricchi di Liverpool non son presi neanche in considerazione: quelli sono i Toffeemen, tifano l'Everton e frequentano Goodison Park."

Il tempo fa il suo corso, sana gradualmente ferite ancora aperte, trasforma il modernismo in vecchie immagini di archivio.

Stagione dopo stagione, trofeo dopo trofeo, il Liverpool FC ha conquistato un posto nell'elite del calcio mondiale ma parte di quel fascino è andato forse irrimediabilmente perso.

Luca

venerdì 5 settembre 2008

Un'occasione sprecata

Mio padre era un tifoso del Napoli ed è stato Lui a trasmettermi l'amore viscerale per quelle 11 maglie. E' stato mio padre a regalarmi un abbonamento per il settore distinti: era il primo anno di Maradona. Ho seguito il mio Napoli in sua compagnia per qualche anno ancora, poi mi sono abbonato in curva: prima curva b, poi curva a. Non sono un ultras ma ho frequentato la curva per anni, ho imparato a conoscere il movimento e la suà mentalità, le logiche che regolano la vita nelle curve e tra le curve. Probabilmente è per questo che ogni volta mi appassiono all'argomento.Ho seguito da osservatore le vicende di domenica 31 agosto e, tutt'ora, sono estremamente perplesso. O forse la mia non è perplessità ma una sensazione più profonda, di pancia. Forse il mio è disgusto. Disgusto per come i fatti vengano travisati; disgusto per come si sia smesso di fare il sano giornalismo d'inchiesta; disgusto per come giornalisti senza alcuna conoscenza, senza alcuna curiosità sociologica, senza alcun amore per la verità vivano la loro professione come un lavoro e non come una missione.
Tutto quanto è stato detto, scritto, urlato, dichiarato mi ha fatto tornare alla memoria "Sesso e Potere" di Barry Levinson, un film in cui viene creata dal nulla una guerra in Albania.
Eppure, ciò che più mi disgusta non è questo. Mi disgusta la superficialità con cui giornalisti, giudici, ministri, prefetti, questori, dirigenti d'azienda hanno approcciato una questione tanto delicata. Ciò che più mi disgusta è la miopia di chi non ha saputo o voluto cogliere nell'atteggiamento delle curve e dei suoi portavoce un segnale di apertura che mancava da anni. Volantini, richieste di incontri, assunzioni di responsabilità, collaborazione con le forze dell'ordine: tutto vano.
Un'occasione sprecata, per davvero!
Luca