venerdì 10 ottobre 2008

Affare fatto!


Quando me lo ha detto per la prima volta, oramai anni fa, mi è subito sembrata un’idea folle. Una di quelle pensate che non ti aspetteresti da uno tranquillo e razionale come lui. Quel tipo di persona che non ha mai fumato, che non ha mai ecceduto con l’alcool, che non sa cosa siano gli effetti delle droghe, alla quale il gioco d’azzardo è caro solo per la sceneggiatura di un paio di pellicole di livello, uno che perfino con le ragazze è sempre stato cauto: assolutamente avverso ad ogni tipo di vizio, insomma.
Ora, tutto d’un tratto, mi propone una cosa che, non solo mi appare priva di ogni fondamento razionale, ma anche contraria ai semplicissimi, ma irrinunciabili, fondamenti etici su cui abbiamo edificato il nostro ventennale rapporto.
Le mie prime parole per un lapidario commento, non prima di essermi accertato con un paio di domande di riscontro di aver correttamente interpretato il pensiero del mio interlocutore, sono state: “che […..] stai dicendo?!?”.
Ad un tratto, tutto ciò che era stato costruito in anni di certosino lavoro, a costo di estenuanti ricerche, di interminabili letture di verifica, tutto ciò che aveva generato innumerevoli valutazioni di sostenibilità economica e cicliche discussioni (senza le quali i nostri pomeriggi di provincia si sarebbero tinti di quella incolore apatia che tendeva, incontrastabile, a dominare il circostante), ad un tratto, dicevo, stavamo correndo il rischio che tutto venisse disperso, che la memoria si confondesse nell’oblio, con il rumore delle suggestioni dei più agitati dormiveglia. Che tutto svanisse come cenere nell’aria, come lacrime nella pioggia.
“Fammi capire meglio: tu mi stai dicendo che hai già contattato qualcuno per definire i dettagli dell’operazione…?” …e dall’altra parte: “proprio così”.
Ora, il fatto che, dopo anni, uno come me ricordi: le testuali parole di un improbabile colloquio, il periodo in cui si sia svolto, il luogo in cui si trovasse; è testimonianza del fatto che, credetemi, questo evento rappresenti uno spartiacque nella storia della sua interazione con il circostante. Ho imparato che perfino chi ti sembra compassato e razionale, ragionevole e rispettabile, uno al quale affideresti ciò che hai di più caro, può sorprenderti, così, all’improvviso, tentando di sostituire i fondamenti del vostro rapporto con la più insensata delle amenità!
Quella telefonata, a squarciare il grigio di uno dei miei innumerevoli pomeriggi milanesi, è stata come un acquazzone a ciel sereno, una di quelle sveglie che ti capitano poche volte, di quelle che lasciano il segno. Mi sono sentito come il poderoso vitello texano, sdraiato, con le zampe abilmente legate da rudi cowboys (hi-haa!), che se la ridono bruciandogli a fuoco le chiappe con un marchio indelebile.
La prima sensazione fisica è stato un sottile, ma intenso calore, che, dal suo vertice più basso, ha percorso in senso ascensionale la colonna vertebrale fino a raggiungere la base del collo, per poi inebriarmi la testa. Non sapevo più se rallegrarmi per il pericolo scampato (ammesso fosse passato veramente), gioire per la nuova opportunità o rattristarmi per la privazione che il mio fratello d’ascolti era disposto a compiere. Il primo istinto fu di prendere tempo, soprattutto perché morbosamente interessato alle motivazioni che spingevano ad un atto così scellerato.
Sono passati 5 lunghi anni da quando mi ha scritto: “Devo confessarti che non saprei quanto chiedere per la mia collezione, tenuto conto dell'asta che si è scatenata. Personalmente 1000 euro mi sembravano pochi avendo speso almeno 5 milioni di vecchie Lire per metterla insieme. I negozianti interpellati mi avevano furbescamente offerto max 1000 euro per l'intero blocco ed al mio diniego hanno rilanciato fino a 1500. Questo mi lascia intendere che vale di più di quanto mi avevano detto in precedenza”. Ci siamo accordati per 4000 Euro, dopo, che a distanza di 5 anni, me ne aveva chiesti 5000: non ho fatto un grande affare, in fondo in fondo lo so. Il peggio è che un periodo così lungo abbia comportato solo una rivalutazione economica del blocco, visto che chi vende non ha cambiato idea e che le sue spiegazioni non mi sembrano affatto convincenti. Rimango col dubbio e pago il doppio.
Punto primo: perché era ed è disposto a separarsene; punto secondo: perché avrebbe ceduto a chiunque; punto terzo: cosa lo ha illuminato, spingendolo a rivolgersi a me. La spiegazione della convenienza economica potrebbe avere un fondamento, se il legame affettivo con la merce in vendita fosse stato completamente reciso dal mio interlocutore, nel qual caso starei acquistando da un perfetto sconosciuto. Ma è un mio amico, ed allora sono indotto a pensare che la nostra madre terra sia stata così avara di occasioni, da indurlo a separarsi anche da ciò che per me ancora rappresenta un pezzo importante della nostra storia, ma allora perché vederlo a chiunque, quando puoi verificare prima se c’è un amico disposto a venirti incontro? Forse perché se sei indotto a separartene, allora val bene organizzare una bella asta... un bel tutti contro tutti. È razionale e, a pensarci bene, è nell’indole del mio. Rimarrò col dubbio, ma la missione va condotta a termine.
Sebbene negli anni abbia cercato di far digerire il boccone al mio angelo custode, non mi sembra fino a questo momento di aver costruito argomentazioni convincenti… le ho provate tutte, mi sono tornate tutte contro. Man mano che affinavo la rappresentazione delle mie ragioni, come abile avvocato, proveniente dalla migliore delle tradizioni forensi, con crescente intensità mi tornavano indietro. Come atleta non sono stato mai un granché, la mia capacità di schivare è pari a quella del vitello nell’evitare il tatuaggio a fuoco. Allora ho pensato che mi dovevo inventare qualcosa di definitivo: “Ho fatto un po’ di conti. I dischi sono 359, uno al giorno per tutto l’anno a venire. Un disco per ogni giorno dell’anno! Si tratta semplicemente di mettere nel salvadanaio 11 Euro al giorno. Mi sono detto che potrei smettere di fumare ed investire diversamente quei soldi, ma l’ho già fatto qualche anno fa. Potrei dispensare consigli per 1 Euro, servirebbero 11 consigli al giorno… Potrei tornare in consulenza, in quel caso me la caverei con 3 o 4 giornate di consigli. Potrei vendere 2 copiatrici usate, di quelle che fai sparire per fare il target con il nuovo. Potrei diventare l’impresario di Luigi e fondare la Banca del Piffero… sono 11 Euro al giorno per una buona idea…”.
Non penso che riuscirò mai ad ottenere un aperto beneplacito, del resto ci sono cose che nella vita vanno affrontate da soli, o, al massimo, con l’aiuto di una banca. 11 Euro al giorno sono circa 330 Euro al mese. È la rata di un’auto media, un terzo della rata di mutuo, il valore di due, o al massimo tre, visite al supermercato. Potrei trovare infiniti termini di paragone, ma, tanto, la decisione l’ho già presa 5 anni fa. A pensarci meglio, però, esiste un termine di paragone appropriato, perfettamente calzante, che non richiede alcuno sforzo nel ritagliare la similitudine. Il fatto è che non ho proprio voglia di tirarlo in ballo.
Se penso a ciò che spendo ogni anno, da 20 anni a questa parte, in supporti fonografici e volessi rappresentarlo graficamente in funzione del tempo, dovrei tracciare una curva crescente, alla pericolosa ricerca di un asintoto verticale! Non va bene. Anche perché la scomparsa del concetto di disco e la progressiva perdita di significato del relativo supporto, gli ascolti destrutturati negli interstizi di giornate sempre più complesse da gestire, la pressione dell’industria dei gadget (te li trovi in mano, come regali, anche non ne senti minimamente il bisogno) che si è, di forza, sostituita a quella dei supporti, dovrebbero spingerti in senso diametralmente opposto. Sono un economista aziendale, so che non è possibile aspirare a sostenere da solo l’intero settore dei supporti fonografici. Se dovessi decidere di fare ciò che è più logico in assoluto, darei (ciò che percepisco come) il colpo definitivo ad un settore alla canna del gas. La soluzione al mio rebus c’è: basta sospendere l’acquisto di nuove produzioni per un anno ed intanto onorare il debito contratto. Ciò, però, richiederebbe uno sforzo di volontà enorme. Prima di tutto dovrei dimenticarmi dell’esistenza di ebay per l’acquisto del vinile. Anche quando ti viene in mente quel disco che hai ascoltato una mezza volta dieci anni fa, che non sai più come andare a recuperare, non è un problema. Con tre click lo vai a beccare nella cantina di un pentito dell’Iowa che, senza indugio, te lo impacchetta per una comoda consegna a casa qualche giorno dopo (vettore permettendo, naturalmente. Anche se oramai, per fortuna, tutto il mondo ha imparato a diffidare delle Poste Italiane e sceglie operatori privati). Anche se riuscissi ad eliminare questa impareggiabile libidine, ci sono le recensioni. Essendo assiduo lettore di almeno due riviste specializzate, una italiana ed una britannica, ed affezionato frequentatore di almeno tre siti web i cui redattori si fanno in quattro per aggiornarti su tutte le nuove uscite, ristampe comprese, sarà veramente dura non acquistare alcun disco per un anno. Nemmeno un disco per un anno… a rileggerlo, subito dopo averlo scritto, mi vengono i brividi. Ci sarà pure un escamotage, mi dico. Non prendo neppure in considerazione il download di mp3, mi fa anche un certo senso scriverlo, ad essere sincero. So che si tratta di una presa di posizione stupida, ma tant’è. Allora potrei redigere una lista durante tutto l’anno e poi dare libero sfogo agli acquisti quello successivo, ma rimango comunque con un anno di arretrati. Rivaluto l’idea di mettermi a scaricare. Potrei farmi un’idea del disco ascoltando quelle schifezze di file dalla qualità audio improponibile e poi acquistare ad un anno di distanza solo la crème. Anche se questo può sembrare percorribile, come farò a rinunciare al mio classico giro del sabato pomeriggio: Hangover Records del mio amico Luca, Supporti Fonografici (anche se il nome del negozio è cambiato rispetto alla vecchia gestione, ma il nuovo è talmente poca cosa rispetto all’impareggiabile vecchio che io continuo a chiamarlo Supporti Fonografici), Riot Store, Psycho (vorrei poter citare anche Championship Vinyl, ma quello forse appartiene solo al regno della fantasia). Come farò a evitare di frequentare il Salotto Rockabilly d’Italia che opera sotto il logo delle due chitarre nere incrociate a testa in giù, hangover, appunto. Perfettamente in stile, cagnettina rompiballe compresa, che modula il tono del suo latrare in funzione del volume dello stereo. Come farò ad evitare di dedicare il solo pomeriggio che ancora mi rimane a disposizione agli unici commercianti che apertamente insultano gli avventori a causa dei loro gusti. Anni fa, il navigato gestore di Supporti mi domanda, con aria serafica: “fa cagare abbastanza”? Si riferiva evidentemente ad un disco che avrebbe dovuto vendermi. Non ancora pago, si rivolge ad un gruppetto di altri avventori poco distanti: “si, perché se non fanno cagare abbastanza, lui non li compra”.
Si accettano scommesse: ho poi comprato quel disco? Fatto sta che la cosa è oramai negli annali, il mio angelo custode utilizza questo aneddoto a mo’ di ammonimento, per descrivere i miei gusti ai malcapitati, che, appresa la cosa, si guardano bene dal chiedermi di accendere lo stereo quando passano da casa.
Riuscirò mai a rinunciare, per un anno intero, al calore che certe cose sono in grado di generare?
All’odore intenso della trattoria di via Mora, di fronte al Riot, sempre pronta ad alimentare i commercianti della zona ed i relativi avventori, occasione di confronto sulle abitudini a tavola degli ambulanti nordafricani, carichi di tappeti recuperarti in occasione dell’ultimo rientro a Casablanca?
Potrei forzarmi. Stabilire una limitazione d’accesso ai dischi della collezione in vendita, in maniera da poter ascoltare solo quelli per i quali ho maturato il diritto di proprietà, attraverso la restituzione al finanziatore degli 11 Euro quotidiani. Man mano che il tempo scorre (ed io accumulo denari), potrei accedere ad un numero crescente di vinili. Questo dovrebbe servire a compensare la mancanza del senso di scoperta legata alle privazioni sul nuovo, se non fosse che gran parte di quei dischi la conosco già, abbondantemente!
Potrei tentare di convincere il gestore di un qualche bar frequentato da giovani universitari ad ingaggiarmi per mettere dischi al venerdì sera, il compenso sarebbe già definito: 77 Euro a serata, non uno in più, non uno in meno. Posso provare.
Allora perché non metter su una sorta di eccentrico blog in chiave minore, al solo fine di raccontare questa stravagante transazione e chiedere ai più sensibili di contribuire all’impresa con una donazione, via PayPal? Basterebbero 359 curiosi, 359 musicofili, 359 sognatori, 359 tra amici ed amici degli amici, 359 artisti, 359 discografici, 359 persone disposte a rinunciare ad un Euro per partecipare alla realizzazione della mia fatica salvifica. Ci sarebbero mille motivi migliori per investire anche uno solo dei propri Euro, ma, si sa, al cuor non si comanda… e questo è proprio uno di quegli affari.
Il significato, spesso sinistro, di quest’ultima parola, riporta alla mia mente la fredda merce. Apro per l’ennesima volta il file di elenco, studiato e ristudiato nei minimi dettagli. In effetti, è come se negli ultimi tempi mi fossi costruito un piccolo rito, del tutto personale, quasi a cercare l’ispirazione, la definitiva conferma per una decisione presa d’istinto, a scatola chiusa, senza prestare la minima attenzione né alla mercanzia, né al suo prezzo.
Da cima a fondo, vediamo un po’ di che si tratta. Agent orange living in darkness è il primo...

...Poi tutti gli altri: alarm declaration, alarm s/t, alarm strenght, albert king s/t, alex chilton feudalist tarts, always august largeness with wholes, american music club california, american music club engine, anabel lamb once bitten, bad brains rock for light, beast of borbon the axeman's jazz, bevis frond inner marshland, bewitched brain eraser, billy bragg talking with the taxman, black flag sleep it in, bob dylan infidels, bob dylan/the band before the flood, bob mould black sheets of rain, bob mould workbook, brainiac smack bunny baby, bruce springsteen born in the usa, bruce springsteen born to run, bruce willis the return of bruno, buffalo tom birdbrain, buffalo tom s/t, buster poindexter s/t, butthole surfers pioughd, carmel the drum is everything, cheater slicks don't like you, chesterfield kings here are the …, chesterfield kings stop, cocteau twins blue bell knoll, cocteau twins treasure, cowboy junkies the caution horses, cramps a date with elvis, cure japanese whispers, cure kiss me kiss me kiss me, cure seventeen seconds, cure the head on the door, cure the top, d. anger/b. higbie quintet live at montreux, dalis car the waking hour, daniel lanois acadie, danny & dusty the lost weekend, danzig II lucifuge, dave alvin every night about this time, david sylvian brilliant trees, david sylvian gone to heart, david sylvian plight & premonition, david sylvian secrets of the behive, del amitri s/t, del amitri waking hours, del fuegos boston mass., del fuegos smokin in the fields, del fuegos stand up, del fuegos the longest day, dexy's midnight runners don't stand me down, die kreuzen century days, died pretty every brilliant eye, died pretty free dirt, died pretty next to nothing, died pretty out of unknown, diesel queens hooked on moronics, dinosaur jr. bug, dinosaur jr. green mind, doors 13, doors classics, doors l.a.woman, doors morrison hotel, down by law s/t, dr. 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Se mi fermo al quadro d’insieme, senza tener conto dei dettagli, è evidente che si tratta di uno spaccato dell’underground dei mitici anni ottanta. Un periodo che per la mia generazione è stato come gli irripetibili ’60 per i nostri genitori. Non solo in generale, per quella sensazione di leggiadra fiducia generata dall’età e favorita dalla congiuntura economica e sociale, ma anche nello specifico musicale. Gli ottanta hanno beneficiato della ventata di aria cristallina portata dal punk e sono sufficientemente distanti dall’agonia del grunge, prima, e del post-rock, poi. Se queste ovvie riflessioni mi sono di conforto nel pensare alla quantificazione monetaria di questa sessantina di chili di vinile (e carta), c’è tuttavia un dettaglio dissonante. C’è un elemento che all’occhio distratto potrebbe rimanere nascosto e che, invece, ha subito attirato la mia scaltra attenzione. Un elemento che, sebbene abbia tentato (con un maldestro tentativo di autoinganno) di far passare sotto tono, quasi inosservato, continua, invece, a generare una sottile ed inconfessabile forma di imbarazzo, mettendo a dura prova la mia autostima di cultore: Bruce Willis, the return of Bruno.
Sarà lui? Sarà una ridicola omonimia? In effetti, se ci penso, conosco un gruppo che suona sotto il nome di Paul Newman, ma (a prescindere dalla differenza di spessore tra Willis e Newman, che, comunque, mi sembra irrilevante in questo contesto) i giovani che si lasciano chiamare come l’attore dagli occhi di ghiaccio avevano, al momento di scegliere il nome, già subito lo shock emotivo del post-rock e sono, solo per questo, ben giustificati. Non basta. Il titolo: il ritorno di Bruno. Sarà una colonna sonora? O si tratta veramente di una composizione in onore di un amico italiano? Non mi so dare pace.
(to be continued…)
Marco

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